LA PAURA: emozione da evitare?
La paura è una delle cinque emozioni innate, ed è una straordinaria risorsa di sopravvivenza e di mantenimento della specie per l’uomo e per gli animali. Si tratta di un meccanismo di difesa che entra in azione ogni qualvolta esiste un pericolo per la vita: mediante due ‘radar’che si chiamano amigdale, poste nella profondità del nostro cervello che sono sempre attive e che monitorano e gestiscono la nostra parte emotiva. In poche parole che cosa accade quando ci troviamo di fronte ad un pericolo ? Si attiva inizialmente è il sistema della sopravvivenza che prepara il nostro corpo alla fuga, all’attacco o al congelamento. Ma questo può accadere anche nella quotidianità: pensiamo a ciò che avviene quando un alunno che non ha studiato e vede arrivare la prof col registro pronto ad interrogare: mentre guarda il registro lo studente sente un tuffo al cuore, che poi comincia a battere all’impazzata,le gambe vorrebbero correre via, ma è obbligato a rimanere seduto, quindi si immobilizza e si congela ( fino allo svenimento o alla morte apparente in casi estremi).
Accanto a questa paura innata ne esiste un’altra definita appresa che si attiva quando abbiamo consapevolezza di un pericolo, quando cioè non si attiva solo il radar, responsabile della risposta automatica ed istintiva, ma entra in gioco la parte cognitiva che, valutando il tipo di pericolo, può mettere in atto una serie di risposte diverse. E questi tipi di risposte dipendono dalle esperienze che abbiamo avuto e che abbiamo interiorizzato, ossia dipende dal significato che attribuiamo allo stimolo pauroso.
In consulenza ci troviamo spesso ad avere a che fare con questa emozione: paura di perdere la relazione con l’altro, di affrontare le problematiche che l’adolescenza di un figlio propone, paura di non essere all’altezza di un lavoro, di un esame, paura di un cambiamento, di una separazione, di un tradimento. Potendo lavorare solo nel qui ed ora cerchiamo di educare il cliente a guardare questa paura , ad accoglierla, ascoltarla, piuttosto che negarla o vergognarsene, cercando di creare un ambiente in cui possa sperimentare una relazione sicura in cui possa guardarsi un po’. Iniziamo con l’esplorare innanzitutto il fatto che scatena la paura, per circoscrivere il nostro intervento: esiste infatti un importante linea di demarcazione tra la paura e gli altri parenti stretti come l’ansia, il panico ed il terrore, ( disturbi che non sono di nostra pertinenza): la paura è una reazione emotiva ad un pericolo reale, presente davanti a noi con una durata limitata, l’ansia è una reazione ad un pericolo percepito previsto ed è un disturbo continuativo. Avendo focalizzato il fatto, si osserva che cosa accade nel corpo, quali pensieri emergono in merito a ciò, si esplora se la paura è l’unica emozione presente o ce ne sono altre, per poi arrivare ad esprimere il bisogno sotteso, o il desiderio, valutando la possibilità o meno di raggiungerlo e con quali azioni concrete e fattibili.
Angela Passetti Consulente Familiare Consultorio La Famiglia di Palazzo di Assisi
MAMMA AIUTO HO PAURA!
Ed eccoci a provare a parlare della paura dei bambini. Abbiamo detto che la paura è l’emozione madre, quindi non è strano pensare che il bambino appena nato quando non sente il caldo abbraccio della mamma protesta e impara presto che certi suoi richiami attirano l’attenzione della figura a cui tiene di più: è la prima paura che ognuno di noi ha provato, ovvero la paura di essere abbandonati. Man mano che il piccolo cresce e si abitua ai visi noti della figure che lo accudiscono, ogni viso nuovo incute timore e allora cerca lo sguardo rassicurante della mamma o il suo caldo abbraccio come a dire “ mi posso fidare di questo estraneo?”. Quando poi il bambino inizia a comprendere che non è più in simbiosi con la mamma, compare la paura di non essere amato. Voglio citare, a questo riguardo, le parole tratte dal testo P come paura (R. De Leonibus): se non mi vogliono abbastanza bene come farò a convincerli?… dovrò fare in modo di agire sui loro sentimenti … fino a quando riuscirò a farmi amare sono salvo … dipendo da loro, se mi amano non avrò più paura. Ecco il primo potentissimo pilastro del potere dell’amore, e il primo terribile rischio, quello di non essere voluti abbastanza bene.
E poi arriva la paura del buio: la notte è un momento della solitudine, della separazione dalla mamma che il bambino sopporta solo se il legame di attaccamento è sufficientemente buono, ossia se la mamma almeno il 30% delle volte è riuscita a sintonizzarsi con i bisogni del suo bambino. Cari genitori sapete cos’è la sintonizzazione emotiva? E’ la capacità di ascoltare, accettare e comprendere l’emozione del vostro bambino per creare un ambiente e un clima adatti a favorire un rapporto fondato sulla fiducia reciproca.
Quindi verso i 4-5 anni fa capolino la paura dei mostri invincibili e potenti, dei lupi, dinosauri enormi e brutti e allora cari genitori iniziamo a raccontare le fiabe. La fiaba, con un linguaggio simbolico, aiuta il bambino a fare ordine nella sua casa interiore in costruzione in quanto parlano di ciò che il bambino vive, e offrono soluzioni permanenti o temporanee alle sue difficoltà. La fiaba semplifica le situazioni, ha sempre un lieto fine e dà modo al bambino di trarre un significato diverso dalla stessa fiaba a seconda dei suoi interessi e bisogni del momento. Può infatti tornare sulla stessa storia quando è pronto a elaborare vecchi significati o a sostituirli con significati nuovi.
In consulenza quando un genitore porta le paure del bambino cerchiamo di far comprendere che il compito di ogni genitore è fornire al proprio figlio quella base sicura da cui partire per esplorare il mondo, affinchè sappia che c’è qualcuno che lo sorveglia, lo aiuta, lo ammira, gioisce con lui delle sue conquiste e progressi. E allo stesso tempo quando ha bisogno di tornare al porto sicuro per essere consolato, per regolare le sue emozioni, per essere accolto qualsiasi cosa accada. E se come genitori non ce la facciamo a reggere queste paure, si cercherà una strada un po’ diversa per affrontarle.
Angela Passetti Consulente Familiare Consultorio La Famiglia di Palazzo di Assisi
La paura e gli adolescenti
L’adolescenza è una fase dell’età evolutiva caratterizzata da un ricco potenziale che si esprime nell’energia del cambiamento e nella creatività di immaginare un futuro di promesse; comporta la necessità di affrontare dei compiti di sviluppo, che si traducono in tappe progressive, come fossero spinte per una seconda nascita, grazie alla quale si realizza una separazione nei confronti delle figure genitoriali. Gli individui, portando a compimento una complessiva e consapevole ristrutturazione cognitiva ed affettiva, apprendono infatti le competenze necessarie ad assumere le responsabilità proprie di un adulto.
Definita spesso come un’età ingrata, increspata da crisi continue, l’adolescenza risulta, invece, una stagione dell’esistenza fragile, ma meravigliosa, che deve essere protetta: è il tempo della sperimentazione, funzionale all’acquisizione dell’autonomia e del senso di autoefficacia. L’adolescente diviene il centro di un ampio movimento, in cui convivono forze centripete, connesse a un bisogno di continuità con il proprio passato, e forze centrifughe, legate all’abbandono dell’infanzia e a una ricerca di autonomia.
Talvolta alcuni ragazzi hanno come l’impressione di “morire” nell’attuare una separazione da quello che era il loro mondo conosciuto e nell’incertezza di non vedere bene verso quale porto stiano procedendo. Tale vissuto è paragonabile a un lutto ed è caratterizzato da momenti di intensa paura: paura di perdersi, di non essere amati, paura di non farcela. L’adolescente rischia di sviluppare una depressione mascherata che si rivela sotto forma di comportamenti antisociali, sentimenti di vuoto, noia, indifferenza; prevalgono sensazioni estreme e le emozioni vengono agite senza essere filtrate: la paura blocca, spinge alla fuga o si manifesta con atteggiamenti passivo-aggressivi, facile irritabilità e malumore.
La famiglia deve rimanere capace di trasmettere sicurezza attraverso il contenimento. I genitori sono chiamati a ripensarsi, confrontandosi con il ricordo della propria adolescenza, con la necessità del cambiamento e con la ricerca di nuovi equilibri. Un sostegno significativo può divenire la consulenza perché l’adolescente si sperimenta in una relazione protetta con un adulto “potente” in grado di accogliere. Molto spesso, infatti, l’insoddisfazione, il disagio e il disadattamento sono legati a dei rapporti falsati o degenerati a livello di interazioni comunicative, in particolar modo con le figure di riferimento; proteggere dalla sofferenza, nascondendo la verità o facendo evitare esperienze difficili è l’inganno a cui alcuni adulti arrivano per difendere più loro stessi che i figli. Il consulente, aiutando a dipanare il filo dei vissuti, permette al ragazzo di esplorare il labirinto del proprio sentire, di riconoscere e validare tutte le emozioni, affinché la consapevolezza consenta di affrontare paure e cambiamenti, non avendo la pretesa di conoscere la sapienza del cammino, ma avendo imparato il coraggio di provare la strada.
Irene Bratti Consulente Familiare Consultorio La Famiglia di Palazzo di Assisi
La paura a scuola
Durante l’esperienza scolastica molti allievi manifestano disagi momentanei, ma con il tempo ed un corretto supporto degli adulti imparano a confrontarsi con le situazioni e a riconoscere le proprie risorse; il superamento di tali problematiche si trasforma in un passaggio significativo che accresce la fiducia in se stessi e l’autostima.
Differenti sono le motivazioni che scatenano la paura, ma nel complesso sono afferenti a due aree principali: la separazione e l’adattamento a una società più ampia e strutturata; per quanto concerne il primo ambito, gli eventi più frequenti riguardano l’ingresso nel mondo della scuola, il passaggio da un ordine all’altro di istruzione, l’avvicendamento di insegnanti, problemi familiari. Relativamente all’ansia sociale, la paura è collegata al rendimento e ai rapporti interpersonali: i ragazzi incontrano difficoltà nello svolgimento delle attività, nelle interazioni con i compagni o con i docenti; vengono sopraffatti dai risultati negativi e dalla mancanza di riconoscimento.
Alcuni aspetti, legati al contesto familiare, possono creare una predisposizione a vivere con preoccupazione l’ambiente scolastico: l’apprensione genitoriale, l’iperprotettività, la tendenza a trattare il ragazzo come se fosse sempre “piccolo”, l’eccessiva enfasi sulle capacità di riuscita e sul successo come prestazione performante. Tali elementi attivano delle risposte ansiose da parte dell’alunno che prova paura di fronte ai normali compiti di sviluppo e al risultato delle sue azioni; l’allievo si identifica con l’esito delle prove e crolla di fronte all’ostacolo o alla frustrazione.
La presenza di un buon clima relazionale a scuola aiuta gli studenti a superare tali disagi e consente loro di esprimere le proprie potenzialità; le dinamiche interpersonali molto competitive o svalutative creano invece demotivazione e timore. In tale contesto l’insegnante è la figura che “contiene” e promuove un percorso nel quale, rendendo aperti i ragazzi alla cultura, favorisce la soggettivazione del sapere; grazie al proprio stile educativo, suscita emozioni e reazioni. Lontano dall’attuale illusione distorta del docente psicologo, il professore deve però essere consapevole del ruolo che detiene nello sviluppo affettivo, emotivo e intellettivo degli alunni; per questo è necessaria un’attenzione alla relazione, all’ascolto attento, alla comunicazione adeguata e congruente.
La consulenza può risultare un aiuto valido perché un soggetto esterno, percepito come competente e rassicurante, permette al ragazzo di esprimere e validare angosce e paure; attraverso la comunicazione empatica, il rispecchiamento e le attivazioni agevola l’autoconsapevolezza nella direzione di una crescita personale.
Risorsa efficace per la scuola e per le famiglie, la consulenza offre un sostegno nelle situazioni problematiche, si prende cura della sfera emotiva dei ragazzi, supportando i genitori stessi, permette la conoscenza di sé, potenzia la capacità di relazionarsi e di automotivarsi.
Irene Bratti Consulente Familiare Consultorio La Famiglia di Palazzo di Assisi